1 marzo 2010
Comportamenti elusivi e sanzioni
L’esito di un’attività di controllo fiscale non rappresenta la conclusione, ma semmai l’inizio di un percorso entro il quale i contribuenti dispongono di vaste possibilità di contestazione e difesa: si consideri infatti che la pretesa tributaria viene a formarsi (soprattutto nell’ambito della rettifica dei redditi e del volume d’affari delle imprese) in un contesto altamente incerto, in punto di fatto e sotto il profilo giuridico-interpretativo.
In assenza di chiarezza quanto al comportamento da adottare, lo Statuto del contribuente ha previsto l’inapplicabilità delle sanzioni.
In particolare l’ambito dell’elusione tributaria (ancorché “codificata” nell’art. 37-bis) pone numerosi interrogativi pratici, dato che in esso non solamente è dubbia l’esistenza di “evasione” in senso proprio (ovvero dell’“infedeltà” della dichiarazione), ma risulta controversa la possibilità di far ricorso alle sanzioni che a quei comportamenti (evasione/infedeltà) sono correlate.
L’art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997 si occupa del principio di legalità; in particolare, da esso risulta che la determinazione dei fatti che costituiscono violazione punibile dev’essere riservata al legislatore, escludendo la possibilità di integrazione analogica.
Alla luce di tale principio, il comportamento elusivo appare non sanzionabile in quanto tale, ma semmai in ragione dei suoi riflessi nel momento dichiarativo (per quanto i dubbi permangano, giacché in essa non è posta in essere alcuna violazione diretta della norma tributaria).
Secondo alcune posizioni affermatesi in dottrina, il comportamento elusivo non comporterebbe l’infedeltà della dichiarazione, e quindi nessuna sanzione risulterebbe dovuta. A tale posizione si contrappone il diverso orientamento secondo il quale l’art. 37-bis avrebbe natura di norma sostanziale, con il correlato obbligo, in capo al contribuente, di conformarsi ad essa già in sede di autoliquidazione.
Attuandosi però (nel contesto delle operazioni colpite dall’art. 37-bis) dei comportamenti pienamente leciti alla luce delle disposizioni del diritto positivo, può apparire incoerente e illogica la previsione della possibilità di sanzionare il comportamento “meramente” elusivo (cioè non associato a fattispecie più chiaramente “evasive”).
Per tale ragione, ad esempio, l’ipotesi della fusione di una società con contestuale estinzione dell’incorporata (con la medesima compagine societaria), ritenuta elusiva dal soppresso Comitato consultivo con parere n. 27 del 16.11.2005, pur traducendosi in un indebito risparmio d’imposta non sorretto da valide ragioni economiche, non potrebbe dar luogo a sanzioni (né amministrative né penali), perché si tratta di una fattispecie composta da una sequenza di operazioni pienamente lecite sotto il profilo del diritto positivo.
Scritto il 26-11-2011 alle ore 13:52
Ho letto con interesse il superiore articolo.
Sarei interessato ad approfondire l’aspetto della non sanzionabilità delle operazioni eleusive.
Puoi indicarmi del materiale di dottrina e giurisprudenza.
Grazie, Alessandro Arancio